Fondamenti e principii di diritto epistemico
26/01/2017
Introduzione
Il diritto è una costruzione di norme (auto-)imperative
con cui gli esseri umani determinano condizioni di buon vivere sociale
e di sopravvivenza per la specie umana. Alcuni uomini e donne esprimono
volontà di potenza, e tendono a superare
l’imperatività delle norme, allo scopo di assoggettare il
corpo sociale alla loro volontà, per il loro personale e
esclusivo vantaggio, anche non sapendo e non prevedendo che questo loro
agire va contro il loro stesso interesse. Ciò per ignoranza
della verità filosofica. Il diritto epistemico è il
diritto fondato sulla verità, il quale (contro il nichilismo
giuridico teorizzato da Natalino Irti, sulla scia degli scritti di
Emanuele Severino, che mostrano come questa volontà di dominio
si serva della tecnica) mostra, e corregge questo agire contraddittorio
della volontà di dominio (a cui si lega la problematica del
capitalismo). Anche se il bene giuridico fosse una utopia, se si
trasforma in legge esso viene attuato, perché lo stato, dotato
di forza repressiva, è una “macchina automatica”.
Per questo motivo, i politici, se orientati al male, bloccano il
processo legislativo: la giustizia è una utopia non solo
perché la tecnica è forte, ma anche perché
l’uomo, come politico, non fa il suo dovere. E’ quindi
importante, al di là della tematica dell’utopia, mostrare
al genere umano la “luce” del vero diritto: definire
correttamente (scientificamente)(tutti) i bisogni umani che devono
essere protetti e soddisfatti.
I fondamenti del diritto epistemico
1) il diritto non è autodeterminazione dei popoli, e non
è creato dalla divinità, ma discende dalla natura
dell’uomo, cioè dei suoi bisogni (diritto naturale);
2) il diritto naturale non sta “in cielo”, ma è lo
stesso diritto positivo come diritto che storicamente tende al primo,
verso una forma (storicamente) compiuta di piena giustizia;
3) il diritto naturale, intuito dal diritto positivo, come sua forma
sempre imperfetta, ma tendente alla perfezione, ha quindi la forza per
imporsi: i sistemi di sicurezza, verso l’esterno e verso
l’interno, non devono dipendere dai popoli e dai parlamenti (da
questi solo controllati), ma si autodeterminano, tendendo alla
protezione del diritto;
4) la scienza del diritto stabilisce la forma del diritto, e, essa
stessa, anche il suo contenuto, che non è quindi deciso dalla,
né è proiezione della volontà popolare;
5) la sovranità popolare è la causa della forza della
legge, cioè della applicazione e protezione del diritto, il
quale detta esso stesso il proprio contenuto;
6) nel farlo, la scienza del diritto legge i bisogni dell’uomo
tramite le scienze a ciò preposte (psicologia, antropologia,
sociologia e economia); ciò non dà origine a una forma di
“tecnocrazia”, perché la scienza è guidata
dalla filosofia, e il diritto è fondato sul sistema della
conoscenza filosofica (“episteme”): la società
giusta è quindi forma di “sofocrazia”;
7) la società giusta è senz’altro quella
meritocratica, dove il principio di uguaglianza assegna le
opportunità migliori, e il diritto di governare, ai più
meritevoli, nello studio e nel lavoro. Questo principio è
inizialmente unito a quello della inviolabilità della
proprietà privata e della sua trasmissione ereditaria, ma deve
progressivamente correggere le distorsioni storiche prodottesi in
seguito a un uso non corretto delle risorse della terra e delle loro
trasformazioni, e appropriazioni capitalistiche.
I principii del diritto epistemico
1) il principio della primarietà dell’interesse generale
sull’interesse particolare-individuale, e le sue conseguenze in
ordine alla proprietà privata, ovvero (corollario al principio):
il modello (economico) di sviluppo deve essere o capitalistico in una
forma integrata e corretta (che escluda sfruttamento e disoccupazione),
oppure un sistema alternativo, come forma di capitalismo riformato, o
di socialismo “scientifico” (che non è il comunismo
marxista);
2) il principio della funzionalità dell’interesse generale
alla protezione del singolo interesse particolare-individuale;
3) il contemperamento di questi due principii: ovvero, il principio per
cui l’interesse particolare-individuale protetto
dall’interesse generale è quello di tutte le persone,
nessuna esclusa, contemporaneamente; da cui discende quindi
4) il principio dell’universalità del diritto; da cui discende
5) la natura e dimensione universale dello stato e della sua
sovranità, di cui quella nazionale e continentale, e poi locale,
sono forme secondarie, e dalla prima dipendenti.
Implicazioni
E’ di questi giorni la notizia che gli otto uomini più
ricchi del pianeta possiedono una ricchezza pari a quella della
metà, meno ricca, degli uomini e delle donne della terra. Nella
storia si è determinata la separazione tra diritto e economia,
per cui, da un lato i “diritti” (al voto, alla
libertà, …) non hanno contenuto economico, sostanziale
(cioè l’uomo ha sovranità ma col capitalismo non
è protetto economicamente); dall’altro, il diritto al
benessere, che non rientra storicamente nella definizione del diritto,
è oggetto di dibattito politico. Il diritto epistemico è
invece “sostanziale”, perché anche il benessere
è un diritto. Esso prevede che i beni della terra appartengono
innanzitutto a tutti gli uomini, indistintamente, e quindi allo stato,
e poi questo li concede ai singoli uomini, sia perché in
ciò sta la giustizia, sia perché ciò ne garantisce
l’efficiente tutela e gestione. La proprietà privata trova
un limite nel fatto ogni uomo deve poter vivere nel benessere, e non
solo nella sufficienza (che manca ancora alla maggior parte del genere
umano); ciò giustificherebbe l’espropriazione di quelle
ricchezze, ma si ritiene che i beni non debbano essere tolti ai ricchi
per essere dati ai poveri, bensì incrementati in termini
assoluti, fatto che non dipende dall’economia ma dalle scelte
politiche e dalla corretta definizione del diritto.
gp